PAOLO SCHMIDLIN | La diva è un travestito
Se Sunset Boulevard (1950) di Billy Wilder, What ever happened to Baby Jane? (1962) di Robert Aldrich o Strait-Jacket (1964) di William Castle non vi hanno irrimediabilmente devastato l’adolescenza (e piacevolmente, si intende), allora faticherete non poco a comprendere a pieno l’estetica indagata da Schmidlin. La sua operazione sul piano formale è presto detta: la traduzione in terracotta policroma (o resine o cere) di uno specifico repertorio iconico, cinematografico e non, per lo più ascrivibile a una determinata queer-culture il cui archetipo femminile oscilla approssimativamente (non vorremmo scontentare nessuno) tra Bette Davis, Joan Crawford, Gloria Swanson e Marlene Dietrich. Di queste ineguagliate dive ante-litteram, come di altri personaggi di cui diremo più avanti, Schmidlin sceglie di immortalare (in ossequio alla cultura di cui sopra) non l’age d’or della smagliante giovinezza ma l’age noir, l’emblematica impietosa stagione senile. [Continua a leggere…]