CÉLESTINE | Diario di una cameriera | Un romanzo di Octave Mirbeau (Ed. Elliot, 2015)
Quella della femme de chambre è una figura particolarmente abusata nella letteratura, specie nella seconda metà dell’Ottocento, in quel problematico e delicato frangente di passaggio tra i rigori conservatori dell’accademia e i fermenti innovatori dell’avanguardia. La servitù domestica incarna un’umanità altra, un ibrido tra popolo (dal quale proviene) e borghesia (per la quale lavora): un punto d’osservazione privilegiato, assolutamente ideale per cogliere quella che Mirbeau chiamava «tutta la tristezza e la comicità della condizione umana.» La relazione tra schiavo e padrone è vecchia come il mondo, ricalca l’archetipo preda e predatore, quella legge incontrovertibile che condanna il più debole nelle grinfie del più forte. Nel XIX secolo il domestico, e più ancora la domestica (la cameriera, l’inserviente, la serva, la sguattera, la donna delle pulizie o talvolta più semplicemente “la donna”) occupa il gradino più basso nella gerarchia sociale, l’ultimo gradino della rispettabilità, immediatamente dopo viene la prostituta; si consideri che fino ai primi anni ’50 del ‘900, una donna di servizio poteva “riscattarsi” nella maggioranza dei casi solo attraverso il matrimonio, unica alternativa alla strada o a una vita di stenti. (continua a leggere)