Archivio per giugno 2017

IMAGO SILENTIUM | L’evocazione del silenzio nella pittura

su Amedit n° 31 – Giugno 2017

La pittura è un’arte di muta eloquenza. L’immagine è apparenza che scherma sostanza. Occorre prestare ascolto, guardare attraverso – intravedere e contemplare – per percepirne il silenzio e tutto quello che vi è di riposto, tutto il recondito che sonnecchia sotto la patina della pellicola pittorica. La musica non è cieca, evoca immagini, sprigiona visioni; allo stesso modo le arti visive incorporano la dimensione acustica per rilasciarla come risonanza. Così come la musica non coinvolge solo l’udito, la pittura non si limita alla sola vista (i sensi che utilizziamo per saggiare il fenomenico non smettono mai di tenersi per mano). Che cosa sia davvero il silenzio è difficile stabilire, fermo restando che non si tratta soltanto di mera assenza di suono. Il silenzio è una soglia, uno iato nello spazio-tempo, un mondo nel mondo, una preghiera recitata dal vento. È la dimora della rimembranza visitata dall’oblio. Il silenzio è ritiro, ritorno, riappropriazione. Tutto vi è compreso, trattenuto e al contempo estromesso: è il grande bianco che tutto assomma e annulla, un lampo di luce, l’architettura di una nuvola. Abbraccia territori sconfinati, li sorvola simile a un banco di nebbia invisibile. Ha dalla sua una solenne immobilità e un’immanenza pervasiva. Più antico d’ogni mito, il silenzio precede, attraversa e supera tutte le culture, incurante, parallelo a tutte le esistenze. Riempie ogni cosa lasciandola vuota. È un protagonista camuffato da comparsa che si sottrae alla visione un istante prima di entrare in scena. (continua a leggere)

 

DOPO BUCHENWALD | Io sono vivo e tu non mi senti | Un romanzo di Daniel Arsand

su Amedit n° 31 – Giugno 2017

Novembre 1945. Un’ombra si aggira tra le rovine di Lipsia. Quest’ombra ha un nome: Klaus Hirschkuh. Si è appena lasciato alle spalle la stazione e ora, trascinandosi con fatica, sta cercando la via di casa. Lungo il percorso solo cumuli di macerie e polvere, tanta polvere. Chiunque capirebbe che non sta ritornando da un viaggio di piacere. La sua magrezza è innaturale, sconcertante. Tra la pelle e le ossa giusto un velo di carne. Quanti anni ha? Dall’andatura, incerta e claudicante, lo si direbbe un uomo di mezza età, fiaccato da una vita di stenti, ma avvicinandoci un po’ di più ci accorgiamo che è un ragazzo, poco più che ventenne. Dagli occhi, dilatati e assenti, non traspare altro che muto smarrimento. Da dove viene? Cosa gli è successo? Nessun passante, incrociandolo, avrebbe potuto nemmeno lontanamente immaginarlo. (continua a leggere)

L’estromissione del collettivo dal territorio dell’immaginazione narrativa | La Grande Cecità | Un saggio-pamphlet di Amitav Ghosh

su Amedit n° 31 – Giugno 2017

La Grande Cecità ci impedisce di vedere. È un sottile sipario che taglia in due la scena: lo spettacolo di una vita luminosa, dinamica e brillante rivela in trasparenza il suo contraltare di buio, stasi e morte. Incuranti continuiamo a spassarcela, convinti che non sia poi così grave, che dopo la tempesta torna sempre il sole e che tutto in un qualche modo si sistemerà, rassicurati da governanti genuflessi agli interessi delle grandi multinazionali. Accumuliamo debiti che una generazione, prima o poi, dovrà saldare. La Grande Cecità ci impedisce di valutare il danno e di acquisire consapevolezza. Comodamente stesi sul sofà stiamo dando fuoco alla nostra casa. Cosa mai potrà ridestarci da questo torpore? Sono i nostri stili di vita ad ingabbiarci? È davvero tutta colpa del capitalismo? La letteratura, l’arte, l’informazione stanno facendo abbastanza o sono vittime anche loro della Grande Cecità? (continua a leggere)

MAMMA ROSA PELLETRINI | L’ottuagenaria | Mirbeau e il racconto della crudeltà

su Amedit n° 31 – Giugno 2017

Non ha avuto una vita facile mamma Rosa Pelletrini. Se è sopravvissuta a ottanta inverni lo deve solo a uno strano giro del destino. Prima la morte del marito, divorato dalla pellagra, poi quella della figlia, sfinita dalle febbri malariche. Miseria e solitudine scandiscono ora le sue giornate in un paesino sperduto della campagna romana. Ha lavorato fino a quando ha potuto, spaccandosi la schiena, senza risparmiarsi, ma ora le sue ossa la reggono a malapena. Dopo una vita di duro e onesto lavoro l’anziana donna, per raggranellare qualche soldo e avere di che sfamarsi, è costretta a chiedere l’elemosina sul sagrato della chiesa. Sola al mondo, non ha che un solo desiderio: riabbracciare suo figlio, quel figlio emigrato a Parigi tanti anni addietro in cerca di miglior fortuna; sentendosi ormai vicina all’estremo congedo mamma Rosa vuole riconciliarsi con quest’ultimo suo legame con il mondo, trovarvi riparo e conforto, foss’anche un solo istante di sollievo. (continua a leggere)