Archivio per settembre 2020

LO SGUARDO DELL’ANIMALE MORENTE | L’ultimo scodinzolio | di Raffaele Mantegazza

Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 42 | autunno 2020

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Spostare l’attenzione da sé all’altro. Dalla propria specie (dominante, predatrice) a tutte le altre (dominate, predate) con le quali condividiamo il pianeta. Disfarsi, una volta per tutte, della deformante visione antropocentrica. Maturare piena consapevolezza, a dispetto dell’educazione acquisita fin dalla più tenera infanzia, che l’animale (un cane, un gatto, un maiale, una mucca…) non è un oggetto, una cosa, una creatura implicitamente inferiore e non senziente, ma un essere vivente unico e irripetibile, dotato di una sua emotività, di un suo vissuto, di un suo punto di vista sul mondo. Un’entità individuale che, esattamente come noi, nasce, prova gioie e sofferenze, e infine muore. Scrollarsi di dosso, una volta per tutte, la superba convinzione di essere i soli legittimati detentori del piacere e del dolore. (continua a leggere)

PERCHÉ LEGGERE OCTAVE MIRBEAU

Musee de Bretagne, Collection Arts graphiques

Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 42 | autunno 2020

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Perché leggere oggi Octave Mirbeau? Quale messaggio fondamentale, a oltre un secolo dalla morte, è ancora in grado di veicolare le grand démystificateur? Perché studiarlo? Perché promuoverne la conoscenza? Cos’ha da dirci e da rivelarci che non ci è dato di ritrovare in un altro intellettuale del suo tempo? Perché proprio Mirbeau? Le ragioni sono molteplici e vanno argomentate, sebbene si sarebbe quasi tentati di delegare alla sola feroce eloquenza della sua opera – un’opera che, letteralmente, parla da sola – il difficile compito di dipanare tutti i legittimi interrogativi. (continua a leggere)

SENTIRSI A CASA DA QUALCHE PARTE | Il decoro | il nuovo romanzo di David Leavitt

Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 42 | autunno 2020

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Con Shelter in Place (Il decoro, Sem, 2020), David Leavitt torna a fare le pulci a certa vacua upper middle class americana, quella che il sociologo Max Weber ha efficacemente stigmatizzato individuando tre principali indicatori predominanti: reddito, istruzione e occupazione. Tradotto: “professionisti ben educati con gradi di laurea e redditi comodi”. Un ceto a sé, elegantemente sospeso tra la gente comune e le altissime sfere. Ricchissimi sì, ma non troppo. Soddisfatti, ma al contempo inappagati. Apparentemente sazi e pacificati, ma sotto sotto sempre tormentati da inquietudini e capricciosi appetiti. (continua a leggere)