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LA NAZIFICAZIONE DELLA STORIA | Il nazismo e l’Antichità | Un saggio di Johann Chapoutot

su Amedit n. 32 – Settembre 2017.

 

La cattedrale nera del nazismo ha infilzato le sue guglie acuminate nei cieli del Nord Europa, affondando al contempo le fondamenta nel suolo profondo alla spasmodica ricerca di una terra d’origine, la patria d’elezione del popolo germanico. Bisognava accaparrarsi un passato quanto più possibile glorioso per giustificare un presente così gravido di conseguenze per il futuro. Più si scavava e più montava la frustrazione. Gli archeologi sguinzagliati dal regime non rinvenivano che cocci di brutte brocche, ordinari utensili e frammenti di rozze suppellettili, nulla che potesse testimoniare la grandezza di una civiltà evolutasi in seno alle arti e alla buona politica. Una genealogia barbarica mal si conciliava con il progetto hitleriano della Nuova Germania, intesa fin dall’inizio alla stregua di una renovatio imperii. Senza l’exempla di un perduto splendore iscritto nel sangue non poteva darsi alcuna resurrezione a lunga gittata; ai figli fragili, disorientati, orfani di modelli virtuosi, bisognava assegnare una filiazione corroborante, e qual miglior partito della Grecia e di Roma, le culle auree dell’umanità. Bisognava cercarli lì i padri, prima nella Grecia classica e poi nell’Impero romano, lì e in nessun altro luogo, a debita distanza da un Oriente inteso quale fetida cloaca di razze inferiori, subdole contaminatrici del sangue puro germanico. (continua a leggere)

LA CRICCA DI CANAGLIE | Il disertore | Un romanzo di Siegfried Lenz

su Amedit n. 32 – Settembre 2017.

 

La diserzione come presa di distanza, come affrancamento, come urgenza libertaria. È questo il sentimento, tremendamente umano, espresso dallo scrittore tedesco Siegfried Lenz ne Il disertore.

Figlio di un doganiere, Siegfried Lenz nasce a Lyck (Masuria, Prussia orientale) il 17 marzo 1926. Completati gli studi superiori nel ‘43 Lenz si arruola nella Marina, cui segue presto l’imbarco sulla Admiral Scheer. La nave subisce un rovinoso bombardamento e Lenz viene trasferito in Danimarca. Poco prima del crollo del Reich il giovane Lenz, assetato di giustizia e di libertà, opta per la diserzione, finendo in tempi brevi nelle mani degli inglesi che lo internano come prigioniero di guerra in un campo dello Schleswig-Holstein. Qui lavora come interprete fino alla fine della guerra. Dal ’46 al ’50 si dedica a studi umanistici presso l’Università di Amburgo e, parallelamente, comincia a collaborare con il Die Welt, il giornale della forza di occupazione inglese (occupandosi prima di cronaca e poi delle pagine culturali). L’esordio letterario arriva nel ’51 con C’erano sparvieri nell’aria, pubblicato dalla casa editrice di Amburgo Hoffmann und Campe. Il romanzo – una lucida riflessione sulla violenza del potere – ottiene un ottimo riscontro, garantendogli subito la serenità economica e un nuovo contratto per una seconda pubblicazione. Ed è qui che comincia la storia de Il disertore, un romanzo che dovette attendere ben sessantaquattro anni prima di vedere la luce. (continua a leggere)

L’INDIMENTICABILE | La selva dei morti | Una testimonianza di Ernst Wiechert

su Amedit n. 32 – Settembre 2017.

Lo scrittore tedesco Ernst Wiechert (1887-1950), acceso e fiero antinazista, scrisse La selva dei morti (Der Totenwald. Eine Mauer um uns baue) nel 1939 per testimoniare quanto i suoi occhi furono costretti a vedere nel campo di concentramento di Buchenwald. Fu arrestato l’8 maggio 1938 e liberato verso la fine di agosto. Prima la “detenzione protettiva” nel carcere della Gestapo a Monaco di Baviera e poi l’internamento punitivo nel lager. Un triangolo di tessuto rosso cucito sulla giacca, con su scritto il numero 7180, lo contrassegnava quale prigioniero politico, undetestabile oppositore del Terzo Reich. Una prigionia breve, se brevi possono considerarsi quattro mesi sottratti definitivamente al tempo della vita, ma scontata in un frangente dilatato, scandito da notti dolorose e da giorni interminabili, rimarcato, al di là degli alti reticolati elettrificati, dalla muta impassibilità dei faggi. Buchenwald significa letteralmente “selva di faggi”. (continua a leggere)

IL CRITICO LUNGIMIRANTE | Passioni e anatemi | Le cronache d’arte di Octave Mirbeau

su Amedit n. 32 – Settembre 2017.

Per un anno, tra l’ottobre del 1884 e l’ottobre del 1885, Mirbeau cura la rubrica Notes sur l’art per il quotidiano repubblicano moderato «La France». Diciannove interventi che spaziano da Hans Makart ad Antoine Watteau, da Puvis de Chavannes a Edgar Degas, da Eugène Delacroix a Pierre-Auguste Renoir, e poi ancora Claude Manet, Julien Bastien-Lepage, Théodore Rousseau, Gustave Courbet, Camille Corot (per non citarne che alcuni). Questa preziosa rosa di saggi mirbelliani è oggi disponibile in versione italiana: Octave Mirbeau, Passioni e anatemi. Cronache d’arte (Castelvecchi, 2017), curata da Paolo Martore, con traduzione di Massimo De Pascale; il volume si basa sulla sezione Notes sur l’art inclusa in Combats esthétiques (vol. 1), Nouvelles Èditions Séguier, 1993, a cura di Pierre Michel (raffinato interprete e infaticabile divulgatore dell’eredità mirbelliana) e Jean-François Nivet. (continua a leggere)

IL VINO DELLA VITA | Variazioni su un tema originale | Il nuovo romanzo di André Aciman

su Amedit n. 32 – Settembre 2017.

Il passato è la terra del rimpianto. Impossibile, guardando indietro, viaggiando a ritroso, non imbattersi nei fantasmi delle occasioni perdute: porte mai aperte, strade mai percorse, appuntamenti disattesi, viaggi rimandati, vite mai vissute. Per ogni scelta, ponderata o avventata che sia, c’è sempre un tempo utile scaduto il quale non è più possibile intervenire; è tra il perdere o il lasciare che tutto si gioca, fatalmente divisi tra l’audacia e la paura, tra il coraggio di osare e il timore di fallire. L’amore vuole immediatezza, fulminea predazione, cattura, non i tempi morti dell’esitazione a oltranza. Le grandi passioni amorose non premiano i codardi, gli indecisi, gli impacciati, i timorati cronici. Sfiorita la giovinezza a questi eterni reticenti non resta appunto che il rimpianto, salvo svolte dell’ultimo minuto (continua a leggere)