Posts Tagged ‘ amedit n. 22 – marzo 2015 ’

ASTRARRE PER ESTRARRE | Liliana Radicevic

Di Segni e di Sogni – La pratica astrattiva – dal 1901, anno di realizzazione del primo elaborato ufficialmente “astratto” per mano di VasilyKandinskji – ha attraversato il Novecento in lungo e in largo, connotandolo prima nelle stagioni controverse delle avanguardie e successivamente nella ben nota profusione di approcci e atteggiamenti verso la cosiddetta “realtà oggettuale” che si è configurata all’indomani del secondo conflitto bellico. Astrarre per estrarre; alludere per non determinare; o, se si preferisce, restituire all’idea quella forma smaterializzata che realmente le compete, come in aderenza all’ispirazione stessa. Ecco che l’Arte, svincolatasi definitivamente dalle sue mansioni accademiche e utilitarie, comincia sempre più a identificarsi come “pratica dell’Arte” e dunque come ricerca. Una ricerca individuale e terapeutica, mirata a riflettere sul reale più che a riflettere il reale. (continua a leggere)

IL DEMONE DELLA MODERNITÀ | Pittori visionari all’alba del secolo breve

Il demone che abita l’oscurità è lo stesso che si manifesta attraverso la luce. Al lutto del secolo che muore fa da contraltare il bagliore festante (artificiale, elettrico, accecante) del Novecento avanguardista, l’époque du nouveau, il grande sfavillante secolo della modernità. Un passaggio al contempo drastico e sfumato: da un lato il lento scorrere e stratificarsi degli eventi, dall’altro l’impatto violento e improvviso del nuovo che avanza; tutto sembra verificarsi in un’unica soluzione di continuità, tra resistenze accademiche conservatrici e slanci sperimentali sconsiderati (dalla notte al giorno e dal giorno alla notte). L’Ottocento tramonta sotto una molteplicità di luci, quelle fuggevoli e leggere dell’Impressionismo e quelle pregnanti e spettrali del Simbolismo. La mostra Il demone della modernità (curata da Giandomenico Romanelli) vuole raccontare – attraverso una cernita di opere realizzate grosso modo tra il 1880 e il 1930 – gli sconvolgimenti che hanno scosso l’Europa a cavallo dei due secoli; l’occhio di bue s’accende sul lato oscuro decadente e crepuscolare, sulla zona d’ombra, su quell’immaginario demonico e onirico che poi sarebbe culminato nel Surrealismo. (continua a leggere)

LA LUNGA STRADA DI SABBIA | Pasolini, Giro d’Italia in Fiat 1100

Quando s’incammina sulla lunga strada di sabbia Pasolini ha da poco compiuto trentasette anni. Siamo alla vigilia dei mitici anni Sessanta, precisamente tra il giugno e l’agosto del 1959, e al volante di un’agile e scattante Fiat 1100 lo scrittore si lancia in un avventuroso tour lungo le coste della penisola italiana, dal confine con la Francia fino a Trieste. Una U che arriva ad abbracciare anche la Sicilia (e che per ragioni logistiche lascia fuori la Sardegna), un’ellisse che risalendo il suo tracciato sulla via del ritorno – quando Pier Paolo rivisita i luoghi e le sabbie della sua infanzia – sembra virare nella geometria simbolica di un cerchio che si chiude. Scopo dell’insolito viaggio è la realizzazione di un ampio reportage per la rivista Successo, un documentario sull’estate degli italiani (dal nord borghese dei moderni stabilimenti attrezzati al sud preumano, incantevole e primitivo); Pasolini ai testi e Paolo di Paolo alle immagini: data la corposità il reportage venne suddiviso in tre parti (la prima di dodici pagine, la seconda di dieci e la terza di nove, per un totale di ben trentuno pagine) e pubblicato a puntate nei mesi di luglio, agosto e settembre 1959. (continua a leggere)